Il salto spazio temporale del clown
In un mondo in cui tutto si muove alla velocità della luce, ogni cosa deve essere sistematicamente organizzata, pianificata e preordinata, per riuscire ad “ottimizzare” i tempi, a “massimizzare” gli sforzi e ad “efficientare” i risultati. Tutto sembra volerci dire che chi si ferma è perduto e che non possiamo permetterci di uscire fuori da quel binario che ci hanno posto dinnanzi: il binario della realizzazione, della soddisfazione personale ottenuta tramite duro lavoro e sacrifici.
Ma non stiamo forse perdendo di vista il vero obiettivo?
Non rischiamo di dimenticarci che per correre al passo con i tempi e raggiungere i risultati che ci siamo prefissi valga la pena fermarsi ogni tanto, lasciare spazio a tutte quelle emozioni genuine che possiamo bene osservare nei bambini?
Che cosa ad un tratto della nostra vita ci fa perdere quella leggerezza spontanea che segna il passaggio dal mondo della fanciullezza e quello dell’età adulta?
E’ giusto rinunciare a quel mondo?
No, perché la leggerezza ci permettere di conservare quello stato d’animo tipico dei bambini, che riesce ancora a sorprenderci e a farci ridere di gusto.
Eppure, anche se non sempre ce ne accorgiamo, l’attitudine alla leggerezza è sempre a portata di mano, rimane ben custodita in un cassetto e pronta all’uso.
Cosa fare per riscoprirla?
Basta poco: guardare uno spettacolo circense, ad esempio, può riportarci a quello stato di eterno stupore che tanto ci apparteneva da piccoli.
Grazie ai clown è possibile entrare in una sorta di macchina del tempo; si tratta quasi di un miracolo.
Solo chi ha conservato quella spensieratezza, riuscendo a farne una ragione di vita, è in grado di portare gli altri essere umani al salto spazio temporale che restituisce gioia immediata e forti emozioni.
Gli strumenti a disposizione di un clown sono pochi, bastano un naso rosso, vestiti buffi, e scarpe enormi ma quello che fa veramente la differenza è l’innata capacità, che solo gli artisti possiedono, di dare forma alla fantasia, di riuscire a coinvolgere il pubblico unendo tutti coloro che guardano lo spettacolo in una sola immaginazione.
In questo modo una corda stesa per terra diventa un filo che congiunge due grattaceli a decine di metri di altezza, su cui il clown passeggia cercando di mantenere l’equilibrio e lasciando tutti con il fiato sospeso; una sciarpa può diventare un serpente velenoso; e il palco può diventare un ristorante, una soffitta piena di sorprese e qualsiasi altro ambiente pronto ad ospitare un mondo interiore fatto di storie, racconti e mille avventure.
Forse il circo e i clown in particolare possono darci un prezioso spunto di riflessione in questi tempi fortemente caratterizzati dalla totale assenza di stupore.
Dobbiamo imparare a risvegliare la “meraviglia” che c’è dentro di noi, senza mai commettere l’errore di confondere la leggerezza con la superficialità, senza mai dimenticare che l’autoironia – vera essenza del clown – ha l’enorme potere di trasformare gli ostacoli della vita in avventure, dandoci la possibilità di superarli nel migliore dei modi, per poter proseguire sul quel binario con maggiore determinazione.